Dialogo sul non-voto

Un'altra elezione, un'altra battaglia interiore sull'utilità dell'astensione. Voto? Mi astengo? Chi vincerà stavolta?

Dialogo sul non-voto

L'8 e 9 giugno 2024 ci saranno le Elezioni Europee e, per la seconda volta di fila, mi trovo nella situazione di contemplare il non voto.

La ragione è semplice: l’offerta politica è imbarazzante, schiacciata da politici che fanno dell’incapacità un vanto e che si rivolgono a elettori che loro credono dementi. Data questa premessa, non votare è l’unica cosa da fare per preservare l’amor proprio.

Oppure no? Come si concilia l'inutilità dell'astensione con il sentimento di "dovere morale" che il voto assume in una democrazia? Come ci si pone davanti al fatto che l'astenersi da una scelta è esso stesso una scelta e che, quindi, non libera dalle responsabilità per le eventuali conseguenze negative di un elezione?

Non ho una risposta, è un argomento su cui dibatto quotidianamente fra me e me. Quindi per il resto dell'articolo lascerò la parola alle due anime della mia psiche: Ipparchia, la parte anarchica, cinica, e idealista, che difende l'astensione; e Diogene, la parte più pragmatica e ottimista, che difende la partecipazione al voto in ogni caso.

In particolare, voglio concentrarmi sulla questione del "votare il meno-peggio." È qualcosa di necessario e positivo, oppure è solo un modo di ricompensare e alimentare la mediocrità?

Il MenoPeggio

Una panchina. Tanto per. (Foto di Krzysztof Walczak da Unsplash)
Una panchina. Tanto per. (Foto di Krzysztof Walczak da Unsplash)

Diogene è appena uscito da una scuola sventolando la tessera elettorale timbrata di fresco quando nota Ipparchia seduta su una panchina lì di fronte. Sorpreso dall'evento, si avvicina.

D: "Ipparchia. Non dirmi che questa volta hai deciso anche tu di votare?"

Ipparchia scoppia a ridere.

I: "Non scherziamo, D. Se mai, sono io quella sorpresa che anche questa volta ti rassegnato a votare per il meno peggio. Pensavo che, dato lo stato imbarazzante del panorama politico, ti saresti arreso persino te."

Diogene si siede vicino Ipparchia e si affossa nelle spalle.

D: "Ammetto che è stata dura. Più del solito. Ma finché c'è qualcosa che si avvicina alle mie idee, seppure in modo imperfetto, è mio dovere fare il possibile per premiare chi si muove nella giusta direzione. Cambiamenti progressivi, per quanto modesti, sono pur sempre cambiamenti."

I: "Ci credi ancora veramente? Quanti anni sono che voti per cambiamenti progressivi? Guardati intorno. Ci sono stati cambiamenti nella direzione che ti aspettavi? Vedi una politica più seria? Più pragmatica? Più lungimirante? Oppure siamo sempre peggio? Nel caso migliore il tuo votare per il menopeggio è stato ininfluente, nel caso peggiore complice del declino."

D: "Quale sarebbe l'alternativa? Facciamo i cinici e parliamoci chiaro. Chi non partecipa al voto compie lo stesso una scelta. Le conseguenze cambiano da sistema a sistema, ma un risultato è chiaro: non votare da più potere e influenza agli altri che votano. La cosa peggiore, se si è contro il modo corrente di fare politica, è che il non-voto agevola le forze attualmente maggioritarie, le quali possono mantenere il controllo di percentuali elevate corteggiando un numero minore di elettori. In che modo questo favorisce la nascita di un alternativa? Non è meglio premiare con il voto le alternative migliori?"

I: "È qui che ti sbagli. Il tuo argomento presuppone che ci sia qualcosa di alternativo da premiare. Poiché non c'è, tutto si riduce a spostare il potere delle forze maggioritarie ad altri che dicono le stesse fesserie. È un ciclo senza fine che abbiamo ben presente. Non è forse quello che è successo nell'ultimo decennio con un elettorato che è passato da partito in partito senza che nessuno smettesse di ripetere le stesse dannose bugie?"

D: "Negli ultimi anni è successo che l'elettorato si è ridotto. Quelli che non credono alle dannose bugie se ne sono andati, lasciando che il potere conteso solo corteggiando coloro che ci credono. Se mai, questo dimostra la mia tesi."

I: "Invece votare il menopeggio avrebbe cambiato la situazione? Se così fosse ora saremmo nella Repubblica di Platone."

D: "Oppure ora saremmo in una situazione menopeggiore."

Ipparchia sbuffa. Per qualche secondo guarda una coppia di anziani che esce dalla scuola.

I: "Oppure avrebbe peggiorato le cose. Un elettorato che si limita a certificare il menopeggio non fa altro che incoraggiare il peggio. Pensaci. Se l’unico fattore di scelta fra X e Y è che Y è menopeggio di X, Y non ha nessun incentivo a migliorare. Non c’è nessun motivo per proporre qualcosa di più difficile realizzazione, di impopolare o che abbia effetti sul lungo periodo. Basta essere esattamente come X, ma un po' meglio (qualunque cosa questo voglia dire). Tutte le persone che provano disgusto per X voteranno comunque per Y, perché non c'è alternativa, mentre Y può continuare ad attingere alla stessa pozza elettorale di X."

D: "E in che modo non-votare cambierebbe tutto?"

I: "Segnalando che c'è una fetta consistente di elettorato che non accetta compromessi al ribasso."

D: "Una fetta consistente di elettorato irrilevante, dato che a parte le preoccupazioni di rito, le uniche cose che preoccupano veramente i partiti sono le percentuali di elettori. Un aumento del 10% dell'astensione fa pronunciare parole di cordoglio, ma un calo del 2% di elettori può mettere una leadership a rischio. L'unica cosa che il non-voto ottiene è di creare un vuoto che viene colmato dalle frange più estreme e ideologizzate dell'elettorato. E le frange ideologizzate, quelle fedeli al partito, di certo non smuovono le acque."

Ipparchia inclina la testa all'indietro riflettendo sulle parole di Diogene.

I: "Anche se avessi ragione, il punto rimane: continuando a votare per il menopeggio si perpetua un sistema che non ha alcun incentivo a migliorarsi. In quest'ottica, votare è un atteggiamento altrettanto passivo che astenersi."

D: "Ti capisco, Ipparchia. Ma c’è una differenza fondamentale tra protesta e costruzione. Temo che astenersi possa magari essere una valida forma di protesta, ma manca della parte costruttiva. E nel frattempo, chi ne paga il prezzo? Coloro che non possono permettersi di aspettare un cambiamento rivoluzionario. Coloro che sono nei problemi ora. Continuo a ritenere che un piccolo passo in avanti sia meglio che restare fermi o, peggio, retrocedere."

I: "Però io non lo vedo questo piccolo passo avanti. Non sono nemmeno sicura che ci sia un menopeggio. Vedo tutte coalizioni muoversi in direzioni diverse, ma si allontanano tutte da quello che io considero virtuoso. Magari si muovono con velocità diverse, ma pur sempre nella direzione sbagliata."

Diogene si alza e si pulisce gli occhiali con un lembo della maglietta.

D: "Questa è più rassegnazione che una strategia elettorale. Capisco; è fastidioso sentirsi complici di un sistema che non si approva. Ci vuole parecchia forza di volontà. Ma che in tutte le persone di tutti i partiti non ci sia una – dico una – sola persona degna di fiducia, è improbabile."

I: "Non è rassegnazione. Il voto è solo l'ultimo passo del processo democratico. Io do il mio contributo in altri modi, creando discussioni, con l'associazionismo, con donazioni, con manifestazioni. Ma finché nessuno fa lo sforzo di cercare il mio voto, non mi farò una camminata in ginocchio sui ceci pur di darlo a qualcuno."

D: "Su questo siamo d'accordo. Se non si riduce in un totale menefreghismo, sono disposto ad accettare anche il non-voto. Temo però sia una posizione minoritaria fra gli astenuti. Comunque spero di vedere preso il cambiamento che auspichi."

I: "E io spero di vedere l'effetto dei tuoi piccoli passi avanti."

Diogene sorride e si infila le mani in tasca.

D: "Anch'io, Ipparchia. Anch’io."

Conclusione

Non so che mi è passato in mente di fare un articolo in forma di dialogo, ma quando non so nemmeno io la risposta non c'è cosa migliore che far discutere fra loro le varie parti di me. È un modo di pensare a voce alta. Inoltre è più divertente da scrivere (e, forse, anche più divertente da leggere rispetto a un sermone).

A questo punto potreste chiedervi se a questa tornata elettorale sono più Ipparchia o più Diogene. Devo dire che, a differenza delle scorse elezioni politiche, oggi mi sento più Diogene (ma di pochissimo). Il motivo è la presenza delle preferenze. Forse, e dico forse, ho trovato un paio di persone serie meritevoli della mia fiducia ed è bello poter votare le persone più che i contenitori. Staremo a vedere.

In ogni caso, mando un abbraccio a tutti quelli che come me lottano fra rassegnazione e disgusto. Arriverà anche il nostro momento di ottimismo.

Forse.