Il vano desiderio di un sistema di voto moderno
Piccola storia di un sistema di voto non completamente fallato.
Una delle più belle applicazioni della matematica alle scienze sociali, il Teorema di Arrow, ci insegna che non è possibile trovare un sistema di voto equo, ovvero “un sistema di votazione che preservi le scelte sociali”. Cosa vuole dire questo tradotto in linguaggio di tutti i giorni? Significa che il sistema di voto “decide” il vincitore delle elezioni, o meglio, che il sistema di voto utilizzato ha una fortissima influenza sulla qualità della scelta della scelta finale.
Questo teorema può sembrare a prima vista la condanna a morte della democrazia, in realtà però non è un problema tanto grave. Nei secoli, e in particolare negli ultimi 50 anni, abbiamo infatti sviluppato innumerevoli sistemi di voto in grado di arginare il più possibile questo difetto intrinseco delle votazioni. Il vero problema, invece, è che ci ostiniamo ad usare il sistema di voto peggiore.
Piccola storia dei sistemi di voto
Che il sistema di voto uninominale a a scelta singola a cui siamo abituati (ovvero, banalmente, mettere la croce sul candidato che preferiamo) non fosse una scelta saggia lo aveva capito persino Nicola Cusano nel 1433. Nel “De Concordancia Catholica” il cardinale tedesco ci parla di un metodo di voto che prevedeva lo scrivere uno 0 davanti al candidato meno favorito, un 1 sul successivo, fino a dare il massimo punteggio al proprio candidato preferito. Alla fine della votazione lo scrutatore doveva semplicemente sommare tutti i valori per ogni candidato e “Et ille erit tunc imperator, qui maiorem numerum habuit”, eleggere il candidato con il valore più grande.
Il metodo di Cusano purtroppo aveva più problemi di quanti ne avesse il metodo che intendeva sostituire. Tuttavia non possiamo certo farne una colpa al cardinale e teologo tedesco; dopotutto, la matematica necessaria ad analizzare i sistemi di voto in modo rigoroso sarebbe arrivata soltanto due secoli dopo (e, soprattutto, Cusano era più preoccupato dal proteggere i votanti dalle pressioni esterne in fase di scrutinio piuttosto che preservare le scelte sociali).
Cusano ha tuttavia il merito di tracciare la strada con una domanda a cui, secoli dopo, Marie Jean Antoine Nicolas de Caritat, per gli amici Marquis de Condorcet, avrebbe risposto segnando col suo nome pagine indelebili di storia e matematica: “è possibile che non ci sia nulla di meno terribile del voto a scelta singola?” Condorcet non risponde esattamente alla domanda ma fa qualcosa di più importante; dimostra che per qualunque elezione con più di due candidati è intransitiva. In fatti spiccioli, ciò significa che in ogni sistema di voto con tre o più candidati è possibile che ci sia una maggioranza che preferisce A a B, una maggioranza che preferisce B a C e una maggioranza che preferisce C ad A. Un risultato sul quale poi Arrow fonderà il suo teorema.
Il voto uninominale ai giorni d’oggi
Ma perché sto parlando di matematici del 700? Perché voglio dimostrare che in 300 anni non abbiamo imparato nulla dagli studi sui sistemi di voto. Non rimaniamo nell’astratto, prendiamo un caso specifico: le primarie del Partito Democratico a Milano. Le primarie dovrebbero essere la piattaforma ideale per trovare non il candidato maggioritario bensì il candidato con il più largo consenso. Lo scopo delle primarie dovrebbe essere infatti quello di trovare un candidato che soddisfi il più possibile il maggior numero di potenziali elettori. Eppure il voto uninominale dove ci ha portato? A questo:
Sala 41,3% — Balzani 34,3% — Majorino 23,6% — Iannetta 0,7%
O riscritto in modo che sia più chiaro il concetto:
Sala 41,3% — Non-Sala 58,7%
Il candidato sindaco scelto dalle primari è “osteggiato” o comunque “non-gradito” dal 58,7% della base. Non un ottimo risultato a mio avviso. L’aritmetica secca ovviamente non è una dimostrazione valida, non tutto quel 58,7% non gradisce Sala, ma allo stato attuale ciò che ci resta sono solo supposizioni.
Il problema più grave che però pesa sulle votazioni a scelta singola è sicuramente il ricorso al Voto Strategico. Quante volte ci troviamo a votare per qualcuno (diciamo Mr. A) non perché crediamo veramente in Mr. A ma perché è il modo migliore per “non far vincere Mr. B”? Quanti di quelli che hanno votato Sala lo hanno votato perché convinti e non perché temevano una vittoria della Balzani? Non lo sapremo mai.
Il Voto Alternativo (o a ballottaggio istantaneo)
Per attenuare il problema della legittimazione dell’eletto nelle elezioni dei sindaci abbiamo inventato i ballottaggi. I ballottaggi mitigano il problema parzialmente, tuttavia sono costosi, richiedono che gli elettori vadino a votare un’altra volta, richiedono ulteriore impegno e organizzazione. Ma soprattutto, non riducono il voto strategico, anzi, lo accentuano.
Ma allora come risolviamo? La soluzione è più semplice di quanto pensate e fu abbozzata a piè di pagina dallo stesso Condorcet 350 anni fa (e, in qualche misura, da Cusano 600 anni fa).
Non fate votare con una croce, fate votare con un numero. Invece di far votare per un singolo candidato, fate ordinare i candidati in ordine di preferenza. Non richiede uno sforzo di molto superiore alla croce e, nel peggiore dei casi, permette a chi vuole di continuare ad usare la croce (che assume finalmente il significato esplicito di “preferisco A su tutti ma sono indifferente agli altri in egual misura”).
Trovare un vincitore in questa situazione può essere complicato ma esiste un metodo piuttosto intuitivo e facile da fare anche a mano: il Voto Alternativo, detto anche a ballottaggio istantaneo. Nel Voto Alternativo si “simulano” una serie di ballottaggi in sequenza, in modo automatico, senza chiamare la gente a votare ancora, grazie al fatto che l’elettore ha già espresso il suo ordine di preferenza. Ma facciamo un esempio usando sempre le primarie di Milano.
Voto Alternativo: un semplice esempio
All’inizio dello scrutinio si contano i voti nelle “prime scelte”. In questo caso il risultato sarebbe uguale al sistema tradizionale.
Sala 41,3% — Balzani 34,3% — Majorino 23,6% — Iannetta 0,7%
A questo punto, poiché nessuno supera il 50% si procede ad eliminare il candidato con il minor numero di voti. In questo caso Iannetta. (Nota Bene: da ora in poi andiamo in piena modalità ipotetica. Non faccio nessuna ipotesi politica ma uso i numeri per mostrare un ipotetica soluzione).
Poiché abbiamo scelto i candidati in ordine di preferenza ora possiamo sapere i suoi elettori cosa avrebbero votato se Iannetta non si fosse candidato. Così trasferiamo tutti i suoi voti sulle rispettive seconde scelte. Per semplicità ipotizziamo che tutti i suoi elettori abbiano messo come seconda scelta Balzani. Il risultato sarebbe:
Sala 41,3% — Balzani 35% — Majorino 23,6%
Ancora nessuno sopra il 50%, quindi si continua. Si elimina il candidato con meno voti e si distribuiscono i voti sulle seconde o terze scelte (nel caso alcuni voti provengano dalle seconde scelte di un candidato già eliminato). Supponiamo che solo il 5% dei voti di Majorino abbiano scelto Sala come seconda scelta mentre il restante 18,6% vada alla Balzani. Alla fine avremmo come risultati
Sala 46,3% — Balzani 53,6%
Balzani viene quindi eletto candidato sindaco. Sebbene abbia la minoranza dei voti come prima scelta, risulta il più votato tenendo conto di prime, seconde, terze (e così via) scelte, avendo quindi il maggior “consenso” fra gli elettori. In una sola mossa abbiamo neutralizzato il voto strategico (perché la possibilità di inserire seconde, terze o quarte scelte neutralizza il concetto di voto utile: anche se votiamo come prima scelta un partito destinato alla sconfitta il nostro voto vada come seconda scelta ad un altro candidato invece di “aiutare” il “nemico”) e scelto come vincitore il candidato che nutre del maggior consenso fra gli elettori!
Conclusione
Questa tecnica è solo fantasia matematica? No. Molti paesi già la utilizzano abitualmente per eleggere i membri della Camera dei rappresentanti dell’Australia, il presidente dell’Irlanda, il sindaco di Londra e altre decine di cariche elettive nel mondo, sia in contesti pubblici che privati. È chiedere troppo sognare e proporre un sistema di voto meno retrogrado per le elezioni interne di un partito che si considera riformista? Non credo. Il Voto Alternativo è strettamente superiore al voto uninominale e favorisce tutti, candidati ed elettori (ad esclusione del candidato che gode della maggioranza relativa, ovviamente).
PS: Ma quindi il Voto Alternativo è il sistema di voto migliore di sempre? No. Non soddisfa nemmeno il criterio di Condorcet. Il Metodo Shulze ad esempio è di gran lunga superiore, ma il metodo di calcolo è molto più complicato e probabilmente è storia per un’altra volta.
Bibliografia
- Hägele, G., & Pukelsheim, F. (2008). The electoral systems of Nicolaus Cusanus. The Church, the Councils and Reform: Lessons from the Fifteenth Century, Catholic University of America Press, Washington, DC, 229–249.
- Prügl, T., Christianson, G., Izbicki, T. M., & Bellitto, C. M. (2010). The Church, the Councils, and Reform: The Legacy of the Fifteenth Century.
- Maria Serena Piretti, La fabbrica del voto: Come funzionano i sistemi elettorali, Roma-Bari, Laterza, 1998. ISBN 88–420–5618–9